domenica 27 novembre 2011

“QUANDO LA POESIA” di Mario Grasso con Luigi Carotenuto e Grazia Calanna


“QUANDO LA POESIA” di Mario Grasso

Martedì 6 dicembre, alle ore 17,30 nei locali della Biblioteca-Pinacoteca Provinciale, in Piazza Manganelli, a Catania, il prof. Mario Grasso (Direttore Editoriale Prova d’Autore, www.provadautore.it – Direttore Lunarionuovo, www.lunarionuovo.it) interverrà sul tema “QUANDO LA POESIA” svolgendo spunti di approssimazioni critiche sui recenti libri di Grazia Calanna, “Crono Silente”, e Luigi Carotenuto, “Vi porto via”.
Seguiranno letture e dibattito aperto al pubblico presente.
Ingresso libero.

giovedì 20 ottobre 2011


Lampedusa Note preconfezionate
stordiscono
coscienze bruciate dal sole
Sorrisi laccati
annegano nel mare
dell’indifferenza
Sogni cristallini
s’infrangono
contro lo scoglio
dell’umana bramosia
Vita scivola via…
tra silenziosi frastuoni

Nebbia-Ghigliottina


Nebbia-Ghigliottina

Dove si va, intrecciando le proprie dita a quelle di Grazia Calanna? Dita di mani o di piedi? Tutte, e quindi dove si va se ci si può ferire con spilli arrugginiti o rischiare di restare, per sempre, immobilizzati dentro un fosso di lacrime di pece? Si va, senza un’attesa di risposte, sotto vulcani di Sicilia e tane per conigli dagli occhi color mavì, tra contrabbassisti e violinisti che hanno perduto il senno e ancora quella pece, per corde che stonano qualunque canto pensato per omaggiare il mare. O chi? Crono? L’assassino di se stessi clonati può essere cantato in versi? Può, temendogli l’immaginazione, perdonandogli la crudeltà, raccogliendogli la sorte.
Pensiero /si espande /- lentamente - / Penetra /- bramoso - / tra le viscere / Vita / - sdrucciola - / altrove… / È gas / - intorno - / Il vuoto / tra le stanche mani
Crono è il vulcano che si china sui propri lapilli ancora tiepidi, che vi sputa sopra impedendogli l’estremo gusto per la vita che concede perfino un’agonia.
Dunque abbiamo deciso di intrecciare le dita a quelle di questa poetessa portatrice sana di solitudine: non sarà semplice il cammino, l’ho detto dal principio. Una solitudine senza colpe, ma che colpe diventano, macigni, come quello avuto in fasce, figlio, da Crono. Così dice la mitologia, che torna ad accompagnare le esistenze, maschili o femminili che siano. Solo penetrando il mito di Crono possono apparire limpide le parole di Grazia Calanna, esposte senza abiti, senza culle, senza carillon pietosi negli imbrunire silenziosi, amputati. Il frastuono del silenzio / sgretola l’anima / Stilla dopo stilla / la vita si scioglie / senza mai sorrisi/recisi…senza mai certezze/carezze… Perché? Perché la lama dell’impotenza trafigge il cuore inondando il cammino di fiumi color porpora…
Si attende, di fronte a un mare di carta marmorea priva d’onde e di balocchi, la secca del fiume, per poter dire, finalmente, Adesso la mia colpa cadrà dentro l’assenza dell’attesa. Forse anche la nebbia mensile, puntuale come una ghigliottina, come una gogna, scomparirà.
Sono certa che un candido coniglio saprà lasciare il suo comodo cilindro di magie per consolare quei precipizi di pungente lucidità che assillano l’intera scrittura di una poetessa che dovrà imparare a scordare Crono, per sopravvivere. Se imparerà che dalla sozza melma sono capaci di sbocciare piccole pietre di pece di Sicilia, limpide, figlie. Solo allora smetterà di dialogare con i fantasmi diurni delle sue giornate gessate, e camminerà con indomita fierezza, senza desiderare la distruzione della sincerità degli specchi, una volta messa a tacere la “convenienza” dell’omologazione. Chi aveva suonato gelidi assoli, tacerà l’indiscrezione, laverà la lama indifferente alla carne già ferita. Nasceranno nuove orchestre con voci differenti di inutili nutrici, e saranno canti e suoni mai uditi in alcun luogo, non semplici, ma sinceri, non felici, ma capaci di preferire la burla al serio. Sarà questo il momento in cui anche gli oggetti zitti mostreranno la lingua e il riso, senza pentimento nello svolgimento della loro vita.
Grazia Calanna. Il principio fu il mito di Crono, silente. Silente non lo è stato. Non per me avvezza ad ascoltare più il disagio che la comodità. Ad essere, più il disagio che la comodità.
Lascio ad altri il compito saggio di “esaminare” e “definire” la scrittura dell’autrice di questo meraviglioso poemetto. Non l’ho letto in quanto “critica”. L’ho letto, e ingoiato amaramente, in quanto donna destinata (forse da un dio contemporaneo?) ad uccidere i propri embrioni. La mia lettura è quindi certamente distorta dagli specchi che continuo, ostinatamente, a tenere appesi alle pareti. Grazia Calanna mi perdonerà: la generosità dei suoi versi mi porta a pensarlo. Versi privi di ninnoli e di acchiappasogni. Nessuna moina in questo volume: fatti.
Sarà difficile staccare le mani da quelle di Grazia Calanna: alla conclusione dei suoi versi, la sua pece sarà divenuta anche la nostra. Oblìo cinerino. Mancate coincidenze. Intraducibile silenzio.

Savina Dolores Massa

Crono Silente di Grazia Calanna - Recensione Cultura LA SICILIA


Crono Silente di Grazia Calanna - Recensione Cultura LA SICILIA

martedì 11 ottobre 2011

Intorno a Crono Silente di Grazia Calanna




Intorno a Crono Silente di Grazia Calanna
(Nota critica a cura di Dario Matteo Gargano)


(…) Apro il libro: Grazia Calanna e il suo crono silente, un tempo silenzioso. Un tempo del dire sottovoce, o centrifugo, verso il suono assente ma presente. Una poesia che ancora una volta serve da terapia, da valvola di sfogo, consolatoria, in quanto esemplifica l’ontologia dell’esserci verso un fatuo buio. Ma è apparenza? Trasuda una velata speranza, poco humour, ma una fede interna- che mi ricorda Meister Eckhart-, una illusa voglia di aspettarsi una salvezza chissà da quale Dio. Ma c’è però una rinuncia di presa di posizione forte dell’azione dell’uomo vista nella sua, di lei, esistenza. Attende il meglio. Quel meglio che non c’è, perché la sincronia è un fatto meccanico, o una coincidenza creata di proposito quando la si vuole insistentemente e compulsivamente. Si crea un palcoscenico universale dove l’attore cade verso la maschera dell’apollineo, il cristico e quindi il tragico. Come può esserci però una speranza dal tragico? Le poesie di Grazia Calanna sono brevi, laconiche a sottolineare la fretta del passaggio dell’esserci, del nostro respiro breve, circa 21 mila giorni complessivi, in media. La parola chiave è il silenzio, una necrosi della “fonia” o della stessa esistenza? Dico che non c’è un tempo assoluto, non c’è nessun tempo che possa riscattare l’esistenza. Ma la magia sta in questo mia dolce Grazia: giocare col “chronos”. E così lo porto avanti, ora indietro. Ora mi fingo in ritardo, ora mi illudo, ora mi disilludo, i ritmi circadiani si stagliano come orologio biologico interno. E un Dio rimane comunque assente. Anzi. No. Dio esiste. Solo che dorme sempiternamente. Nello spazio è sempre notte. E così c’è l’affanno di una estropia esterna, si richiede l’intervento, un intervento altrui, una mano, una stampella per raggiungere la felicità. Quella felicità che gioca a nascondino coi sensi del cogito andrico da per sempre. È una poesia tautogrammica continua (veglio-vegli-vegliardo...), una poesia che scorre inesorabilmente, ma pregnante, sì, pregnante di un vuoto significativo dal di lei punto di vista. Grazia è una Keats mancata, una scrittrice che piange, in quanto recupero sistematico di quella fanciullezza bambina. Piange nei suoi versi la mancanza di qualcosa, il vuoto. Che si fa recuperabile- o si potrebbe- solo uscendo dal pensiero sociale, dalle informazioni esterne che meditano complotti a chi si dubita inferiore, o a chi sconosce l’algoritmo per uscirne da tutto vincenti, tedofori stanchi ma estasiati. Esorto Grazia a seguitare la scrittura, l’espressione. Deve muoversi verso una miglioria dell’humour. Il miglior benessere deriva dalla solitudine costruttiva, da un dis-immedesimarsi, dal non pensarsi più come si era- o è- fatto attraverso quell’abitudine costrittiva. C’è tanta luce che alberga in lei. Una luce che potrebbe illuminare d’energia pulita quanto di inespresso v’è in questo migliore tra i mondi possibili.


Chioso.


DMG

CRONO SILENTE di GRAZIA CALANNA


CRONO SILENTE di GRAZIA CALANNA

L’AZZURRO DEL BENE, nota critica di Mario Grasso

Per ogni nuovo poeta che scopriamo si accende una luce che prima non c’era.
Diciamo una luce per dire che qualcosa di magico si aggiunge alla capacità di capire probabili frammenti della vita e del suo mistero. Perché mistero è la vita e non solo per la imprevedibilità che in essa si annida, quanto per gli stimoli che ogni presenza di vita provoca intorno a sé, stimoli per reazioni che si manifestano per innestarne altre, e all’infinito. Grazia Calanna ha esordito da poeta dando alla silloge un titolo allusivo verso due miti della vita umana, il tempo e il silenzio .
(Crono silente – pagg. 80 - € 10,00 – Prova d’autore). È importante leggere quanto ha scritto nella sua impetuosa prefazione Savina Dolores Massa, una rapida sintesi che tanto contiene e più dimostra. Onestà di lettore vuole che si riconosca nella centrata definitorietà dell’intervento della prefatrice il grumo centrale di quanto Grazia Calanna ha distillato, con disinibita franchezza, quasi a proporre un canto ossimoro rispetto alla promessa (pur pienamente onorata) del titolo. Il fatto è – potrebbe essere avanzato – che il silenzio caratterizza chi ha riserve di cose da dire sulla umana condizione, e per dirle non ricorre al filtro dell’ambiguità ma al machete-maglio della propria verità, quasi a farne omaggio a quella inconfutabile regola che identifica la letteratura nella vita e non certo per la contingenza di ripararsi sotto un libro-manifesto del secondo decennio del secolo scorso: “Letteratura come vita” di Carlo Bo (1929). E dire che, quella volta, si era già appena alla soglia della stagione ermetica. Una stagione che fu amata dalla poesia e che resiste nella sua formula di calcolate reticenze, forse in omaggio a una delle pretese della lirica che privilegia i luoghi dell’inespresso, che rifugge i momenti del didascalico e del parenetico, per esorcizzare il pericolo del moralismo. Eppure proprio questa ultima considerazione potrebbe celare un limite assurdo al momento di poter essere adattata alla poesia. Perché la poesia è anzitutto la ricerca e l’affermazione del vero. Forse perché il vero è la parte nobile e destinata a sopravvivere, forse perché la verità è amata e cercata da tutti (come la poesia, appunto) anche se, ironia della sua sorte, la verità offende. Proprio così. Ma Grazia Calanna non propone offesa alcuna quando ci ricorda con i versi iniziali di “Briciole”, che “C’è chi concede briciole / avaro / C’è chi si sbriciola / altruista / C’è chi finirà in briciole / avido / C’è chi di briciole risorgerà /azzurro”. Il colore azzurro è qui significativo e può invitare a curiosare nella tavolozza dei colori che si succedono in “Crono silente” spesso accompagnati da riferimenti termici che complementano di allusività palesi le proposte della poetessa. Infatti i colori in Crono silente sono tanti, e il loro non è un ricorrere né un ricorrersi, se ne coglierà pieno il significato valutandone il pendant con le temperature, che tendono ai valori alti. Lasciamo ai lettori il piacere di scoprire la scala delle temperature, in Crono silente e segnaliamo quella dei solfori. Ed ecco come, tra grigi pag.19 e 42; pece, pag. 20 e nera pag.45, si giunge al plumbeo (pagg. 38 e 49) e dall’ebano i pag. 27 al cinerino della successiva al bianco della 29. In controtendenza con il vermiglio di pag. 18 che si coniuga al porpora (pag.37) e ancora allo scarlatto (pag. 56), isolando il rubino di pag. 40. L’azzurro e il celeste (pag. 44 e pag.56) negano il bianco e relegano il “buio” nel suo ricorrere tra le pagg. 22, 34, 37…. Lasciamo fuori, anche stavolta al piacere dei lettori, le centrate figuralità simboliche ma solo altro tra i segni rivelatori, che confermano la lealtà della scrittura creativa di Grazia Calanna, forte di tensione interiore autentica quanto “silente”, proprio in arrendevole intelligenza con le esigenze inesorabili del Tempo-Crono. Non resterebbe che il tentativo di entrare nel merito della forma. Banco di collaudo per la letteratura in genere, per la poesia in particolare. Ed è su questo fronte che si è chiamati alla responsabilità di definire quanto possa essere destinato a separare i momenti della cronaca da quelli della letteratura come vita. Un momento che si affida all’evidenza proprio nel caso di questo esordio di Grazia Calanna, che ha scelto di raccontare i momenti dell’inesprimibile subliminale ricorrendo alla formula di un diario in pubblico, tra le cui pagine non si svolge il canto di quanto raccolto o ripudiato, visto o ascoltato, ma il fedele diagramma di un’anima che reagisce, il tracciato di un percorso di sensibilità offesa, che ha disegnato i confini oltre i quali c’è l’azzurro del bene, più come ipotesi e speranza che come tesi ed esperienza. Un mondo nel quale non c’è molto da scegliere oltre “Conforme conformante conformismo / Catene impermeabili / schivano il temporale perenne di un tempo / asservito all’antropica silente stoltezza”. Ecco l’imporsi della propria verità a dar nome e immagine all’inesprimibile, che tale finirebbe di essere se tautologicamente si ponesse fine, per sempre, all’ipocrisia e al pecorume del “come l’una fa le altre fanno”. Infinite sono le vie per dire il vero, Grazia Calanna ha scelto quella più semplice, quella di un tipo di spontaneità che fu tanto cara a Umberto Saba, il poeta che ci ha lasciato per insegnamento che “La notte vede più del giorno”, una lezione che Calanna porta in sé con fiera consapevolezza e umile approccio, anche per non urtare più di quel tanto il “conforme conformante conformismo”, nel quale chi più chi meno, tutti continuiamo a vivere immersi, anche nei momenti in cui ci ergiamo a giudici degli altri, trascurando di giudicare, anzitutto noi stessi.

(Mario Grasso)

CRONO SILENTE di Grazia Calanna


CRONO SILENTE di Grazia Calanna
“Un silenzio come lo spartito ricco di pause significative e necessarie”
Il silenzio presente nel “Crono Silente” di Grazia decora è come lo spartito ricco di pause significative e necessarie. Le note fanno da contorno ad ogni battuta d’aspetto e danno l’annuncio alla pausa successiva colma di riflessioni e sospiri. Così il lettore si prepara a incontrare le proprie emozioni, ascoltando i suoni e attendendo il chiassoso silenzio. Appena arriva la pausa ecco il confronto con quell’io a volte dimenticato. Ecco il chiarore del fulmine nell’oscurità che illumina l’angolo nascosto della “villa anima” sta a ognuno di noi decidere se girare gli occhi o guardare. Piccole istantanee, che ingiallite nelle nostre mani, oltre a muovere ricordi ci spingono a osservare l’immagine di se che ha attraversato il tempo, a rivivere ciò che la mente ha vissuto, e scrutare le piccole pieghe della foto irrilevanti per altri ma non per noi.

Nota di Antonio Raciti

giovedì 15 settembre 2011

CORSI DI FORMAZIONE IN COMUNICAZIONE




Formazione e training professionale in Comunicazione

Sono aperte le iscrizioni per i CORSI di FORMAZIONI in:


- PUBLIC SPEAKING, Comunicazione efficace interpersonale e in pubblico
Docente: Elisa Toscano (Consulente e Formatore in Relazioni Pubbliche e Marketing)


- SCRITTURA PROFESSIONALE E CREATIVA, comunicazione e tipologie testuali
Docente: Grazia Calanna (Formatore in Scrittura e Comunicazione Didattica, Direttore Responsabile peridoico culturale l’EstroVerso)


INFORMAZIONI: info@parlareinpubblico.it - tel. 095/8363299 - www.parlareinpubblico.it

lunedì 8 agosto 2011

L'azzurro del bene


<strong>
L'azzurro del bene
il commento critico del poeta Mario Grasso per Crono Silente di Grazia Calanna


Per ogni nuovo poeta che scopriamo si accende una luce che prima non c’era.
Diciamo una luce per dire che qualcosa di magico si aggiunge alla capacità di capire probabili frammenti della vita e del suo mistero. Perché mistero è la vita e non solo per la imprevedibilità che in essa si annida, quanto per gli stimoli che ogni presenza di vita provoca intorno a sé, stimoli per reazioni che si manifestano per innestarne altre, e all’infinito. Grazia Calanna ha esordito da poeta dando alla silloge un titolo allusivo verso due miti della vita umana, il tempo e il silenzio.
(Crono silente – pagg. 80 - € 10,00 – Prova d’autore). È importante leggere quanto ha scritto nella sua impetuosa prefazione Savina Dolores Massa, una rapida sintesi che tanto contiene e più dimostra. Onestà di lettore vuole che si riconosca nella centrata definitorietà dell’intervento della prefatrice il grumo centrale di quanto Grazia Calanna ha distillato, con disinibita franchezza, quasi a proporre un canto ossimoro rispetto alla promessa (pur pienamente onorata) del titolo. Il fatto è – potrebbe essere avanzato – che il silenzio caratterizza chi ha riserve di cose da dire sulla umana condizione, e per dirle non ricorre al filtro dell’ambiguità ma al machete-maglio della propria verità, quasi a farne omaggio a quella inconfutabile regola che identifica la letteratura nella vita e non certo per la contingenza di ripararsi sotto un libro-manifesto del secondo decennio del secolo scorso: “Letteratura come vita” di Carlo Bo (1929). E dire che, quella volta, si era già appena alla soglia della stagione ermetica. Una stagione che fu amata dalla poesia e che resiste nella sua formula di calcolate reticenze, forse in omaggio a una delle pretese della lirica che privilegia i luoghi dell’inespresso, che rifugge i momenti del didascalico e del parenetico, per esorcizzare il pericolo del moralismo. Eppure proprio questa ultima considerazione potrebbe celare un limite assurdo al momento di poter essere adattata alla poesia. Perché la poesia è anzitutto la ricerca e l’affermazione del vero. Forse perché il vero è la parte nobile e destinata a sopravvivere, forse perché la verità è amata e cercata da tutti (come la poesia, appunto) anche se, ironia della sua sorte, la verità offende. Proprio così. Ma Grazia Calanna non propone offesa alcuna quando ci ricorda con i versi iniziali di “Briciole”, che “C’è chi concede briciole / avaro / C’è chi si sbriciola / altruista / C’è chi finirà in briciole / avido / C’è chi di briciole risorgerà /azzurro”. Il colore azzurro è qui significativo e può invitare a curiosare nella tavolozza dei colori che si succedono in “Crono silente” spesso accompagnati da riferimenti termici che complementano di allusività palesi le proposte della poetessa. Infatti i colori in Crono silente sono tanti, e il loro non è un ricorrere né un ricorrersi, se ne coglierà pieno il significato valutandone il pendant con le temperature, che tendono ai valori alti. Lasciamo ai lettori il piacere di scoprire la scala delle temperature, in Crono silente e segnaliamo quella dei solfori. Ed ecco come, tra grigi pag.19 e 42; pece, pag. 20 e nera pag.45, si giunge al plumbeo (pagg. 38 e 49) e dall’ebano i pag. 27 al cinerino della successiva al bianco della 29. In controtendenza con il vermiglio di pag. 18 che si coniuga al porpora (pag.37) e ancora allo scarlatto (pag. 56), isolando il rubino di pag. 40. L’azzurro e il celeste (pag. 44 e pag.56) negano il bianco e relegano il “buio” nel suo ricorrere tra le pagg. 22, 34, 37…. Lasciamo fuori, anche stavolta al piacere dei lettori, le centrate figuralità simboliche ma solo altro tra i segni rivelatori, che confermano la lealtà della scrittura creativa di Grazia Calanna, forte di tensione interiore autentica quanto “silente”, proprio in arrendevole intelligenza con le esigenze inesorabili del Tempo-Crono. Non resterebbe che il tentativo di entrare nel merito della forma. Banco di collaudo per la letteratura in genere, per la poesia in particolare. Ed è su questo fronte che si è chiamati alla responsabilità di definire quanto possa essere destinato a separare i momenti della cronaca da quelli della letteratura come vita. Un momento che si affida all’evidenza proprio nel caso di questo esordio di Grazia Calanna, che ha scelto di raccontare i momenti dell’inesprimibile subliminale ricorrendo alla formula di un diario in pubblico, tra le cui pagine non si svolge il canto di quanto raccolto o ripudiato, visto o ascoltato, ma il fedele diagramma di un’anima che reagisce, il tracciato di un percorso di sensibilità offesa, che ha disegnato i confini oltre i quali c’è l’azzurro del bene, più come ipotesi e speranza che come tesi ed esperienza. Un mondo nel quale non c’è molto da scegliere oltre “Conforme conformante conformismo / Catene impermeabili / schivano il temporale perenne di un tempo / asservito all’antropica silente stoltezza”. Ecco l’imporsi della propria verità a dar nome e immagine all’inesprimibile, che tale finirebbe di essere se tautologicamente si ponesse fine, per sempre, all’ipocrisia e al pecorume del “come l’una fa le altre fanno”. Infinite sono le vie per dire il vero, Grazia Calanna ha scelto quella più semplice, quella di un tipo di spontaneità che fu tanto cara a Umberto Saba, il poeta che ci ha lasciato per insegnamento che “La notte vede più del giorno”, una lezione che Calanna porta in sé con fiera consapevolezza e umile approccio, anche per non urtare più di quel tanto il “conforme conformante conformismo”, nel quale chi più chi meno, tutti continuiamo a vivere immersi, anche nei momenti in cui ci ergiamo a giudici degli altri, trascurando di giudicare, anzitutto. noi stessi.

http://www.lunarionuovo.it/?q=node/407 - Lunarionuovo - n. 43/53 nuova serie - Giugno 2011 -

Crono Silente di Grazia Calanna


martedì 5 luglio 2011

Imperlato



Col volto ridente
oltrepassi tortuosi pendii
Coi passi lesti dell’amore
imperlato
schernisci superbe salite
zittendone il corso

venerdì 24 giugno 2011

“Un silenzio come lo spartito ricco di pause significative e necessarie”




Il silenzio presente nel “Crono Silente” di Grazia decora è come lo spartito ricco di pause significative e necessarie. Le note fanno da contorno ad ogni battuta d’aspetto e danno l’annuncio alla pausa successiva colma di riflessioni e sospiri. Così il lettore si prepara a incontrare le proprie emozioni, ascoltando i suoni e attendendo il chiassoso silenzio. Appena arriva la pausa ecco il confronto con quell’io a volte dimenticato. Ecco il chiarore del fulmine nell’oscurità che illumina l’angolo nascosto della “villa anima” sta a ognuno di noi decidere se girare gli occhi o guardare. Piccole istantanee, che ingiallite nelle nostre mani, oltre a muovere ricordi ci spingono a osservare l’immagine di se che ha attraversato il tempo, a rivivere ciò che la mente ha vissuto, e scrutare le piccole pieghe della foto irrilevanti per altri ma non per noi.

Antonio Raciti

giovedì 16 giugno 2011

Crono Silente di Grazia Calanna “Poesia che si arma del sorriso imperturbabile dello stoico e dell'impenetrabile fede del martire”


Crono Silente di Grazia Calanna
“Poesia che si arma del sorriso imperturbabile dello stoico e dell'impenetrabile fede del martire”


Nell'ovatta di questo cielo grigio-azzurro dove la terra si confonde col mare ed il deserto avanza restituendo in arsura le sue creature, qui su questo scoglio dimenticato o baratro di pece o cammino "lastricato da spilli aguzzi" o acque di fiumi Letèi che hanno dimenticato di obliare "il peso grave dell'assenza" – qui - invano forse già si di-spera di trovare ancora una qualsiasi forma di riscatto alla vita, dopo che "l'attesa" ha consumato "giorni e fiori al sole". Solo deserto, impenetrabile deserto. Solo tempo impotente al tempo. Fuggire dunque per evitare le insidie del tempo, la grossolanità del già-detto, del già-fatto? fuggire, dove? se perfino i sogni "bruciati da mani piromani" si disvelano nient'altro che inane / esanime cenere "polvere grigia", se la rena (il tempo) scorrendo nel incavo delle mani può ferirle indelebilmente per il peso di ciò che è stata ed ora non è più. Fuggire, certo. E non verso spiagge o mari silenziosi nei quali la salsedine ha corroso voci di conchiglie; ma sfuggire al tempo per trovare unico approdo nello stupore del ricordo "gocce di senso rinvenuto" lì dove, ultimo avamposto contro il silenzio, è possibile, ancora, "disvelarsi il canto". Poesia che si arma del sorriso imperturbabile dello stoico e dell'impenetrabile fede del martire; poesia di grazie e tradimenti, come la vita.

Sebastiano Puglisi

CRONO SILENTE: "Poesia che si arma del sorriso imperturbabile dello stoico e dell'impenetrabile fede del martire"


Crono Silente di Grazia Calannna
“Poesia che si arma del sorriso imperturbabile dello stoico e dell'impenetrabile fede del martire”


Nell'ovatta di questo cielo grigio-azzurro dove la terra si confonde col mare ed il deserto avanza restituendo in arsura le sue creature, qui su questo scoglio dimenticato o baratro di pece o cammino "lastricato da spilli aguzzi" o acque di fiumi Letèi che hanno dimenticato di obliare "il peso grave dell'assenza" – qui - invano forse già si di-spera di trovare ancora una qualsiasi forma di riscatto alla vita, dopo che "l'attesa" ha consumato "giorni e fiori al sole". Solo deserto, impenetrabile deserto. Solo tempo impotente al tempo. Fuggire dunque per evitare le insidie del tempo, la grossolanità del già-detto, del già-fatto? fuggire, dove? se perfino i sogni "bruciati da mani piromani" si disvelano nient'altro che inane / esanime cenere "polvere grigia", se la rena (il tempo) scorrendo nel incavo delle mani può ferirle indelebilmente per il peso di ciò che è stata ed ora non è più. Fuggire, certo. E non verso spiagge o mari silenziosi nei quali la salsedine ha corroso voci di conchiglie; ma sfuggire al tempo per trovare unico approdo nello stupore del ricordo "gocce di senso rinvenuto" lì dove, ultimo avamposto contro il silenzio, è possibile, ancora, "disvelarsi il canto". Poesia che si arma del sorriso imperturbabile dello stoico e dell'impenetrabile fede del martire; poesia di grazie e tradimenti, come la vita.


Sebastiano Puglisi

Crono Silente

Crono Silente di Grazia Calannna

“Poesia che si arma del sorriso imperturbabile dello stoico e dell'impenetrabile fede del martire”


Nell'ovatta di questo cielo grigio-azzurro dove la terra si confonde col mare ed il deserto avanza restituendo in arsura le sue creature, qui su questo scoglio dimenticato o baratro di pece o cammino "lastricato da spilli aguzzi" o acque di fiumi Letèi che hanno dimenticato di obliare "il peso grave dell'assenza" – qui - invano forse già si di-spera di trovare ancora una qualsiasi forma di riscatto alla vita, dopo che "l'attesa" ha consumato "giorni e fiori al sole". Solo deserto, impenetrabile deserto. Solo tempo impotente al tempo. Fuggire dunque per evitare le insidie del tempo, la grossolanità del già-detto, del già-fatto? fuggire, dove? se perfino i sogni "bruciati da mani piromani" si disvelano nient'altro che inane / esanime cenere "polvere grigia", se la rena (il tempo) scorrendo nel incavo delle mani può ferirle indelebilmente per il peso di ciò che è stata ed ora non è più. Fuggire, certo. E non verso spiagge o mari silenziosi nei quali la salsedine ha corroso voci di conchiglie; ma sfuggire al tempo per trovare unico approdo nello stupore del ricordo "gocce di senso rinvenuto" lì dove, ultimo avamposto contro il silenzio, è possibile, ancora, "disvelarsi il canto". Poesia che si arma del sorriso imperturbabile dello stoico e dell'impenetrabile fede del martire; poesia di grazie e tradimenti, come la vita.


Sebastiano Puglisi

giovedì 9 giugno 2011

Atelier (Crono Silente di Grazia Calanna)


Atelier (Crono Silente di Grazia Calanna)
Vestiamo corpi
disegnati dall’imprevisto

Indossiamo la solitudine
sotto il tetto dell’incomprensione

lunedì 6 giugno 2011

Crono Silente di Grazia Calanna


Cronosilente (ed. Prova d’autore)
di Grazia Calanna


Due mani porgono il cuore, sede dell’umano sentire. Mani fattive scavano tra le immagini della realtà prossimale, di fronte alla quale l’uomo è divenuto oramai insensibile, e all’elastico flettersi delle nocche si adattano alla riflessione sul quotidiano. Il reale, con la sua mutevole andatura, tende a strumento euristico dello stesso, in “Cronosilente”, silloge edita da Prova d’autore. L’autrice, Grazia Calanna, giornalista e poetessa, nella sua opera prima di prossima uscita, indaga a mani nude, attraverso un contingente frugare, gli smerigli dell’identità umana. Ne disvela la piccolezza “…lucida, silenziosa furfante ammantata di bianco” ed, al contempo, rimane con la sua personale fame di autenticità e libertà. Dal suo percorso lascia sentire l’autorevolezza e la forza dell’essenziale, alimento primario dell’anima, contro il rancido accumulo del superfluo, “oggetti zitti levitano, pigiano l’uomo nell’angolo polveroso della vanità...”, che ingrassa di supremazia risucchiando ossigeno e rilasciando un’opulenta ingerenza. E la ricerca di ciò che costituisce la sostanza dell’essere, come il “celeste cielo, terso di celestiale essenza”, divincolato da ogni sorta di orpello, nel senso aristotelico dell’espressione, è ancora più fitta di riverberi in quella dogana tra silenzio e tempo. Un confine sempre abitato da un animato brulicare di ciò che si perde e che incurantemente si spreca. Una linea di demarcazione sospesa sulla quale Grazia Calanna maneggia l’humus che rende, mediante una lirica di fulgida impulsività, ma mai in balia si sé, pur sempre guidata dai timoni della razionalità. Versi di spontaneo ermetismo, valicati da un registro fervido di anafore e di gusto per il verbo, sempre complice di un gioco in virtù del quale ogni parola scivola dentro l’atra. Il tempo, un artefatto smargiasso che tutto piega e “…ci incurva nel corpo e nell’anima…” ma che nulla può, a dispetto della sua “balda pressa”, contro lo spirito. Il silenzio che non sta mai zitto, una variabile multiforme e plurale, che trova consistenza nei “logorroici silenzi”. Sovente esso crea un disegno arduo da capire, “sconosciuto” e “gelido” nel “frastuono” dell’“attesa”. Ma esistono volte in cui è un agognato “cantuccio” per le difesa dell’intime profondità da un mondo soverchiante di inutili clichè per congiungersi “…nel placante silenzio dell’essere etereo” a ciò che c’è di vero nella vita e che l’autrice reclama a piene mani. Il libro sarà presentato sabato 2 aprile, alle ore 19, nella sede del Collegio S. Anna di Zafferana Etnea.
M. Gabriella Puglisi (l’Estroverso n. 2 – 2011)

Crono Silente di Grazia Calanna
“Crono Silente”, la ginestra di mare di Grazia Calanna

Non si fa a tempo a finire il respiro con la poesia di Grazia Calanna. Ce n’è subito bisogno di un altro e di un altro ancora, nell’andar dietro al suo umano sentire dentro un tempo senza sponde, gogna e impostura, raccontato da una voce di donna. Voce di gola stormisce il frastuono del silenzio sbieco e scontento di carezze malriuscite. Voce di mani dissoda e fa germogliare “Crono Silente” (edizioni Prova d’Autore), silloge poetica che è fascio di forze dentro l’anima, ginestra di mare su quella scogliera sorda che è la vita. Queste le suggestioni di una singolare presentazione, ospitata dall’auditorium Sant’Anna di Zafferana etnea sabato 2 aprile. Scomposti i battiti del cuore di fronte ai versi di Grazia Calanna, giornalista e poetessa, che dipinge quadri con colori di parole elegantemente nude. I suoi cammini silenti, percorsi monocromatici intinti di pece vengono recitati dalle corde roche e vibranti di Savina Doleres Massa, scrittrice e prefatrice del libro, nel video, realizzato da Vladimir Di Prima, moderatore dell’incontro, scrittore e regista. Lo affiancano, tra le letture dell’attore Pasquale Platania e le note di Teresa Esposito Faraone e Giulia Milioto, violiniste dell’orchestra sinfonica Ersu di Catania, i due relatori, Salvo Patanè (Vice Presidente Commissione Consiliare Cultura della Provincia Regionale di Catania) e Luisa Spampinato (docente di Lettere). Diversi i due interventi e le rispettive interpretazioni dell’opera. “Laico” l’approccio dell’arch. Patanè che mette in luce il “linguaggio destabilizzante della poesia”, l’inconsapevolezza maieutica del poeta che dà la vita all’ “ineffarabile”, al “dualismo dell’animo” così presente nella poesia “Congedo” dove si “richiama il mistero dell’altro di sé che manca e che trova completamento in quell’amore che Platone indica come la metà di noi”. Cardiaca la prof.ssa Spampinato che sovrappone il mito di Cronos alla creatività di Grazia Calanna, liberata come la madre Terra Gea, dall’oppressione di Plutone, il bellissimo cielo stellato che impedisce al suo ventre di partorire. Così è “Crono Silente”, nato già con un “destino” importante, considerato che “il destino sta nel nome”, nato da un’affrancata “genitalità” cerebrale del poeta e della sua poesia, “rito benestante della parola” .
M. Gabriella Puglisi (L’Alba – aprile 2011 n.3)

mercoledì 1 giugno 2011

Crono Silente di Grazia Calanna - L'azzurro del bene




GRAZIA CALANNA L’AZZURRO DEL BENE di Mario Grasso

Per ogni nuovo poeta che scopriamo si accende una luce che prima non c’era.
Diciamo una luce per dire che qualcosa di magico si aggiunge alla capacità di capire probabili frammenti della vita e del suo mistero. Perché mistero è la vita e non solo per la imprevedibilità che in essa si annida, quanto per gli stimoli che ogni presenza di vita provoca intorno a sé, stimoli per reazioni che si manifestano per innestarne altre, e all’infinito. Grazia Calanna ha esordito da poeta dando alla silloge un titolo allusivo verso due miti della vita umana, il tempo e il silenzio . (Crono silente – pagg. 80 - € 10,00 – Prova d’autore). È importante leggere quanto ha scritto nella sua impetuosa prefazione Savina Dolores Massa, una rapida sintesi che tanto contiene e più dimostra. Onestà di lettore vuole che si riconosca nella centrata definitorietà dell’intervento della prefatrice il grumo centrale di quanto Grazia Calanna ha distillato, con disinibita franchezza, quasi a proporre un canto ossimoro rispetto alla promessa (pur pienamente onorata) del titolo. Il fatto è – potrebbe essere avanzato – che il silenzio caratterizza chi ha riserve di cose da dire sulla umana condizione, e per dirle non ricorre al filtro dell’ambiguità ma al machete-maglio della propria verità, quasi a farne omaggio a quella inconfutabile regola che identifica la letteratura nella vita e non certo per la contingenza di ripararsi sotto un libro-manifesto del secondo decennio del secolo scorso: “Letteratura come vita” di Carlo Bo (1929). E dire che, quella volta, si era già appena alla soglia della stagione ermetica. Una stagione che fu amata dalla poesia e che resiste nella sua formula di calcolate reticenze, forse in omaggio a una delle pretese della lirica che privilegia i luoghi dell’inespresso, che rifugge i momenti del didascalico e del parenetico, per esorcizzare il pericolo del moralismo. Eppure proprio questa ultima considerazione potrebbe celare un limite assurdo al momento di poter essere adattata alla poesia. Perché la poesia è anzitutto la ricerca e l’affermazione del vero. Forse perché il vero è la parte nobile e destinata a sopravvivere, forse perché la verità è amata e cercata da tutti (come la poesia, appunto) anche se, ironia della sua sorte, la verità offende. Proprio così. Ma Grazia Calanna non propone offesa alcuna quando ci ricorda con i versi iniziali di “Briciole”, che “C’è chi concede briciole / avaro / C’è chi si sbriciola / altruista / C’è chi finirà in briciole / avido / C’è chi di briciole risorgerà /azzurro”. Il colore azzurro è qui significativo e può invitare a curiosare nella tavolozza dei colori che si succedono in “Crono silente” spesso accompagnati da riferimenti termici che complementano di allusività palesi le proposte della poetessa. Infatti i colori in Crono silente sono tanti, e il loro non è un ricorrere né un ricorrersi, se ne coglierà pieno il significato valutandone il pendant con le temperature, che tendono ai valori alti. Lasciamo ai lettori il piacere di scoprire la scala delle temperature, in Crono silente e segnaliamo quella dei solfori. Ed ecco come, tra grigi pag.19 e 42; pece, pag. 20 e nera pag.45, si giunge al plumbeo (pagg. 38 e 49) e dall’ebano i pag. 27 al cinerino della successiva al bianco della 29. In controtendenza con il vermiglio di pag. 18 che si coniuga al porpora (pag.37) e ancora allo scarlatto (pag. 56), isolando il rubino di pag. 40. L’azzurro e il celeste (pag. 44 e pag.56) negano il bianco e relegano il “buio” nel suo ricorrere tra le pagg. 22, 34, 37…. Lasciamo fuori, anche stavolta al piacere dei lettori, le centrate figuralità simboliche ma solo altro tra i segni rivelatori, che confermano la lealtà della scrittura creativa di Grazia Calanna, forte di tensione interiore autentica quanto “silente”, proprio in arrendevole intelligenza con le esigenze inesorabili del Tempo-Crono. Non resterebbe che il tentativo di entrare nel merito della forma. Banco di collaudo per la letteratura in genere, per la poesia in particolare. Ed è su questo fronte che si è chiamati alla responsabilità di definire quanto possa essere destinato a separare i momenti della cronaca da quelli della letteratura come vita. Un momento che si affida all’evidenza proprio nel caso di questo esordio di Grazia Calanna, che ha scelto di raccontare i momenti dell’inesprimibile subliminale ricorrendo alla formula di un diario in pubblico, tra le cui pagine non si svolge il canto di quanto raccolto o ripudiato, visto o ascoltato, ma il fedele diagramma di un’anima che reagisce, il tracciato di un percorso di sensibilità offesa, che ha disegnato i confini oltre i quali c’è l’azzurro del bene, più come ipotesi e speranza che come tesi ed esperienza. Un mondo nel quale non c’è molto da scegliere oltre “Conforme conformante conformismo / Catene impermeabili / schivano il temporale perenne di un tempo / asservito all’antropica silente stoltezza”. Ecco l’imporsi della propria verità a dar nome e immagine all’inesprimibile, che tale finirebbe di essere se tautologicamente si ponesse fine, per sempre, all’ipocrisia e al pecorume del “come l’una fa le altre fanno”. Infinite sono le vie per dire il vero, Grazia Calanna ha scelto quella più semplice, quella di un tipo di spontaneità che fu tanto cara a Umberto Saba, il poeta che ci ha lasciato per insegnamento che “La notte vede più del giorno”, una lezione che Calanna porta in sé con fiera consapevolezza e umile approccio, anche per non urtare più di quel tanto il “conforme conformante conformismo”, nel quale chi più chi meno, tutti continuiamo a vivere immersi, anche nei momenti in cui ci ergiamo a giudici degli altri, trascurando di giudicare, anzitutto noi stessi.
(Mario Grasso)
Lunarionuovo - n. 43/53 nuova serie - Giugno 2011 - www.lunarionuovo.it

martedì 31 maggio 2011

“Crono Silente”, poesia nata dal dettato della vita


“Crono Silente”, poesia nata dal dettato della vita

Nell’auditorium “Sant’Anna” di Zafferana Etnea, Salvo Patanè e Luisa Spampinato in qualità di relatori hanno introdotto la presentazione del primo libro di poesie di Grazia Calanna dal titolo “Crono Silente”. Le letture sono state affidate all’attore Pasquale Platania. Un momenti musicale, con il duo Teresa Esposito Faraone e Giulia Melito, violiniste dell’orchestra sinfonica dell’Ersu di Catania, ha impreziosito l’evento. Nella prefazione, la scrittrice Savina Dolores Massa, dice: “Solo penetrando Il mito di ‘Crono’ possono apparire limpide le parole di Grazia Calanna, esposte senza abiti, senza culle, senza carillon pietosi negli imbrunire silenziosi, amputati”. Il curatore del libro, prof. Mario Grasso, ha aggiunto: “La formula espressiva di Grazia Calanna presenta il privilegio di esser conosciuta ad apertura di pagina. E questo il primo merito che ne garantisce autenticità incisive”. E ancora: “La poesia è sempre un resoconto di vita, un gesto-atto ossimoro, superiorità-umiltà, come tale è ogni diario in pubblico senza velature di belletti o suoni di stranianti carillon”. Una delle poesie dell’autrice, di grande attualità, “Lampedusa”, recita: ‘Note preconfezionate / stordiscono / coscienze bruciate dal sole / Sorrisi laccati / annegano nel mare / dell’indifferenza / Sogni cristallini / s’infrangono / contro lo scoglio / dell’umana bramosia / Vita scivola via… / tra silenziosi frastuoni”. Come commenta inoltre il critico letterario Luigi Carotenuto: “Una poesia alla ricerca dell’essere puro, eterno, consapevole dell’incapacità del linguaggio stesso di afferrare le cose, i concetti (La parola / incompleta carceriera), volta verso essenze celesti e albe sorridenti dove smettere, finalmente, di cercare risposte”.
Qual è il messaggio centrale della silloge “Crono Silente”?
“I messaggi sono molteplici per un unico destinatario: l’uomo. Dall’assillo per il tempo che corre via a nostra insaputa e del quale siamo sempre meno padroni, all’odierno paradosso della non comunicazione. Liriche nate spontaneamente dal dettato della vita”.

Salvatore Cifalino
(La Voce dell'Jonio -PERIODICO CATTOLICO D'INFORMAZIONE online )

lunedì 30 maggio 2011

Grazia CALANNA “Crono silente”


Grazia CALANNA “Crono silente”
Pubblicato da Giovanni Nuscis su maggio 30, 2011
http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2011/05/30/grazia-calanna-crono-silente/

“C’è chi concede briciole/avaro/C’è chi si sbriciola/altruista/C’è chi finirà in briciole/avido/C’è chi di briciole risorgerà/azzurro…”. Sembrano uscite dal gioco lieve e combinatorio della lingua, questi versi tratti da Crono silente di Grazia Calanna (Prova d’Autore –Catania, 2011); non senza, come in questo caso, un’ironia amara. Levità, dicevamo, che percorre buona parte della raccolta, (“Fiera feccia/dà briciole/Chèto cuore/si sbriciola/Sozza melma/in briciole/Erto mèro/di briciole”; “Spaccio di specchi allo spaccio/Spaccio tempo allo specchio/Spacciati allo specchio allo specchio del tempo”; “Condizionante condizionamento lento/aria pesante/pungente/morsa la mente/duole silente”), con versi brevi senza punteggiatura, giocando con assonanze e rime, termini polisenso. Altri testi della raccolta (“Ho percorso/cieco e scalzo/un cammino/lastricato di spilli aguzzi/arrugginiti da fiumi di lacrime invisibili/versate in silenzio/Ho sempre saputo/che saresti tornata/Ho atteso/e sopportato/il peso grave dell’assenza/Sfinito ti accolgo/e sfamo il mio dolore/con il cibo della vita/che mi rendi” (Il cibo della vita); “Note preconfezionate/stordiscono/coscienze bruciate dal sole/Sorrisi laccati/annegano nel mare/dell’indifferenza/Sogni cristallini/s’infrangono/contro lo scoglio/dell’umana bramosia/Vita scivola via…/tra silenziosi frastuoni” (Lampedusa), danno espressione a sentimenti e pensieri con lingua standard, mediatica, descrittiva più che evocativa. Ma buona parte del libro è costituita da componimenti brevi, epigrammatici (“L’attesa consuma i giorni/essiccandoli come fiori al sole/disidratata la vita si spegne/tra grigi frastuoni di logorroici silenzi” (Logorroici silenzi); “Fantasmi diurni/popolano il nostro tempo/oscurando giornate senza storia/gessate con occhi di anonime statue (Gesso). Gli esiti migliori (tra tutte, Klonatale, Il cucchiaio, Impari, Briciole, Gesso) si hanno quando il dettato si fa più morbido e misurato, e la lingua s’asciuga, ed affiora senza retorica uno sguardo arguto sul mondo e su noi stessi. (gn)
Klonatale
Non basta
gettarsi
nel turbine
di mille
inutili
snervanti
cose da fare
sorrisi/laccati
fiocchi/balocchi
tavole/imbandite
nastri/dorati
messaggi/clonati
Fuggire
*
Impari
Quel che resta di noi
ci si accanisce contro
in una lotta impari
Col passo indigesto calpesti
incurante
le tue stesse polveri
*
Briciole
C’è chi concede briciole
avaro
C’è chi si sbriciola
altruista
C’è chi finirà in briciole
avido
C’è chi di briciole risorgerà
azzurro

Fiera feccia
dà bricole
Chéto cuore
si sbriciola
Sozza melma
in briciole
Erto méro
di briciole
*
Gesso
Fantasmi diurni
popolano il nostro tempo
oscurando giornate senza storia
gessate con occhi di anonime statue
Grazia CALANNA
CRONO SILENTE
(Prova d’Autore –Catania, 2011)
Prefazione di Savina Dolores Massa
*
Grazia Calanna è nata a Catania. Laureata in Scienze Politiche, indirizzo Politico-Internazionale, dal 1989 esercita attività giornalistica. Direttore responsabile del periodico culturale L’EstroVerso (www.lestroverso.it ), dal 2001 collabora con il quotidiano La Sicilia. Crono silente è la sua prima raccolta poetica.

venerdì 27 maggio 2011

Crono Silente


Crono silente

Note preconfezionate\stordiscono\coscienze bruciate dal sole\Sorrisi laccati\annegano nel mare\dell’indifferenza\Sogni cristallini\s’infrangono\contro lo scoglio dell’umana bramosia\Vita scivola via…\tra silenziosi frastuoni. (Lampedusa tratta da “Crono Silente”).

Poche parole ma cariche d’intenso significato, parole che racchiudono interi concetti volti all’infinito come piccole camere silenziose in un cielo avaro di sentimento, privo di valori, volto più all’esteriorità delle cose che all’interiorità preziosa dell’anima, essenza vera della vita. Attuale è l’argomento di “Lampedusa”, due braccia spalancate al prossimo nonostante le molteplici complicanze, le coscienze dei lampedusani sono bruciate più dalle circostanze che dal sole cocente; nei loro volti i sorrisi sono forzati, sembrano quasi smorfie mimiche che velano il pianto. I sogni si scontrano contro lo scoglio dell’indifferenza e della “bramosia” inetta dell’umanità mentre la vita trascorre ignara, silenziosa ed inesorabile, incurante del frastuono che la circonda.

Crono è un vulcano che s’inginocchia alle proprie interiorità, come scrive Savina Dolores Massa nell’affascinante, lirica prefazione alla raccolta. Sono i nostri silenzi che gridano più forte di tutto, è il nostro pensiero che squarcia quella irriverente sorte umana che chiede la “giusta” giustizia divina.

Umile, un volto pulito segnato dall’emozione controllata a stento, un’eleganza sobria, semplice portata con la disinvoltura di una donna ben conscia delle proprie potenzialità intellettive: questa è Grazia Calanna, autrice della raccolta, il fiore più bello tra quelli portatele in dono in occasione dell’evento celebrativo. Catanese, laureata in Scienze Politiche, indirizzo Politico-Internazionale, giornalista per l’autorevole quotidiano “La Sicilia”, Direttore Responsabile del periodico culturale “L’EstroVerso (www.lestroverso.it), formatore in “Scrittura professionale, Editing e Comunicazione didattica al C.I.S. (Corso italiano scritto-facoltà di Lettere di Catania).

Introduce la serata Vladimir Di Prima, scrittore, che esorta gli astanti a scrivere, a riprendere quell’ormai dimenticata arte sostituita dal mondo tecnologico esanime del nostro tempo. Relatori della serata sono: la docente di lettere Luisa Spampinato e l’arch. Salvo Patanè, vice Presidente Comm. Cons. Cultura Provincia Regionale di Catania. Nell’intervento di quest’ultimo si cita Platone nella teoria delle due “metà”: l’uomo è alla continua ricerca della propria parte mancante. La poesia è “destabilizzante” perché nemmeno chi la scrive è capace di spiegarne appieno l’emozione che conduce alla sua nascita; il poeta scrive sotto dettatura unica, balenante, istantanea di un particolare ed irripetibile momento. Ciò significa che, chi ha l’onore ed il piacere di spiegarla, si perde nelle parole di lei, è disorientato dalla bellezza intrinseca della musicalità. E’ un pensiero nel pensiero, una sorta di “Zibaldone” leopardiano.

I versi carichi di trasporto emozionale di Grazia Calanna vengono letti ed interpretati, nella circostanza, dal bravo ed elegante attore Pasquale Platania, in arte Lino De Motta, mentre i momenti musicali sono affidati ai due violini di Teresa Esposito Faraone e Giulia Milioto dell’orchestra sinfonica ERSU.

Pensiero\si espande\-lentamente-\Penetra\-bramoso-\tra le viscere\Vita\-sdrucciola-\altrove…\E’ gas\-intorno-\Il vuoto\tra le stanche mani.

Dalle “viscere” nasce la poesia che muore poi nel vuoto di tutto ciò che ci circonda.

Grazia Calanna ha saputo cogliere il “mistero poetico” che attanaglia l’anima in un mare infinito d’emozioni.

Ed il naufragare è assai dolce in questo mare.

di Antonella Sturiale (www.italianotizie.it)

giovedì 26 maggio 2011

CRONO SILENTE - Calanna una poesia senza carillon


Basterà ricordare un particolare del pensiero di Pitagora per orientarci nel castello di luci che Grazia Calanna ha disposto lungo le coinvolgenti pagine del suo primo libro di poesia "Crono silente" (ed. Prova d’Autore). Pitagora affermava che il mondo in cui viviamo è pervaso da una misteriosa armonia che noi non cogliamo perché vi siamo immersi fin dalla nascita e vi abbiamo fatto talmente abitudine da non essere più capaci di percepirne la caratterizzazione. Ebbene? Dopo aver letto le sessantatrè liriche di Crono silente, ne abbiamo acquisito una nostra chiave di interpretazione pensando alla proposta pitagorica, quella dello scorrere del tempo, acqua cheta che rovina i ponti, e quella dell’incessante duolo della vita, insito nella natura di ogni essere umano e quindi, a suo modo, "armonia" anche se amara e non dispensatrice di gioie e delizie: "Mondo ostile / traverso le tue lande desolate / ti ritrovo / lungo un tortuoso cammino / ripiegato su te stesso / orfano di verbi / (…) miscugli di cenere e lacrime amare / voglio dipingere quello che sento". Cenere e lacrime amare, dunque, potrebbe essere la costante della "armonia". Grazia non ha dubbi, infatti ci confida: "voglio dipingere quello che sento" perché è questa l’armonia del mondo, quella che tutti ascoltiamo fin dalla nascita e che non smette di seguirci lungo il tortuoso evolversi di questa vita nella quale ogni essere umano è delegato a portare dentro se stesso una propria croce. Una poesia, questa di Grazia Calanna, che cela, sotto l’accattivante accessibilità la via maestra del comunicare a ogni lettore, con l’ umiltà propria di chi non ha bisogno di belletti per presentare tutte le sfumature sull’impervio di ogni condizione esistenziale. "Senza carillon" ha scritto Savina Dolores Massa nella prefazione condivisa dalla magistrale nota di Mario Grasso in bandella. È, infine, la scrittura di Calanna, un coerente esempio di stile poetico, riconoscibile ad apertura di pagina per l’asciuttezza definitoria del verso, rigorosamente scevro da fumose esibizioni retoriche.

Stefania Calabrò



(La Sicilia – Cultura 25 maggio 2011)

mercoledì 25 maggio 2011

Copertina CRONO SILENTE di Grazia Calanna

Lampedusa di Grazia Calanna

Lampedusa

Note preconfezionate
stordiscono
coscienze bruciate dal sole
Sorrisi laccati
annegano nel mare
dell’indifferenza
Sogni cristallini
s’infrangono
contro lo scoglio
dell’umana bramosia
Vita scivola via…
tra silenziosi frastuoni

da "Crono Silente" di Grazia Calanna (ed. Prova d'Autore)

giovedì 19 maggio 2011

Ipotesi (Crono Silente di Grazia Calanna)

Ipotesi


Potessi

incontrare

il mio sguardo


Smetteresti

di cercare risposte



Potessi

stringerti

un’ultima volta

sarebbe per sempre


(da Crono Silente di Grazia Calanna - Edizioni Prova d'Autore)

martedì 17 maggio 2011

Di un dono, la virtù di Grazia Calanna




A riceverla in dono, la comprensione, ci si sente eletti. Ebbene desidero rinnovare il mio grazie alla casa editrice Prova d’Autore di Nives Levan e al curatore letterario Mario Grasso che hanno incoraggiato e sostenuto la pubblicazione della mia silloge poetica, Crono Silente. Questa pubblicazione mi onora per un molteplice ordine di ragioni delle quali, siate o meno interessati, confortata dall’idea che ogni lettore è libero di voltare pagina, gradisco parteciparvi. Anzitutto, ricollegandomi all’articolo apparso all’interno della nostra rubrica Controsensi, l’essermi (s)mossa - dopo anni di titubanze - in virtù della limpida consapevolezza che pubblicare un libro non è un diritto al pari del diritto alla lettura; l’essermi affidata ad una vera casa editrice, incorruttibile, e a un curatore di estese doti umane e professionali, per dirla con le parole di Giuseppe Amoroso, un letterato con una “vocalità della scrittura che è capace di mettersi al servizio di ogni tema”. “Animoso agonista - sovviene anche una frase di Stefano Lanuzza -, degli ultimi decenni letterari, radicato nel proprio territorio e, al contempo, aperto alle vicende universali come professato dalla rivista Lunarionuovo da lui diretta”. Periodico per il quale hanno scritto, tra gli altri, Andrea Zanzotto, Maurizio Cucchi, Vivian Lamarque, Leonardo Sciascia, Gesualdo Bufalino e Italo Calvino.

www.lestroverso.it n.3/2011

venerdì 6 maggio 2011

Crono Silente di Grazia Calanna
Recensione a cura del poeta e critico Luigi Carotenuto

“Al confine col cielo” la poesia di Grazia Calanna, dilacerata da una costante ansia metafisica. Versi come passi di danza, danza sui carboni ardenti di un mondo “sordido” e “scoscenziato” che, babelicamente, “parla lingue confuse”. La forza delle verità assolute, spesso “indigeste”, guida il cammino di un libro dal lessico intriso di dolore e sapienza, fede e accettazione mai rassegnata. Agguerrita contro ogni ingiustizia e indifferenza umana, lucida fotografa di miserie esistenziali, la lirica, a tratti espressionista, dell'autrice, ha per compagno infedele il silenzio, declinato nelle sue molteplici sfumature psicologiche (è custode, sconosciuto, logorroico, doloroso, madido, placante, invadente, stolto), quasi fosse vera e propria camaleontica persona. Altro protagonista della silloge, Crono, tiranno dalle “mani piromani”, il tempo divorante che ingurgita l'uomo nel suo “baratro”, incenerisce i sogni e reclude in spazi asfittici “contronatura”. Alla quotidianità asservita a Crono, malata di fretta, si oppone la “maestria” dell'anziano, vero “signore del tempo”, l'ingenuità infantile (Ignaro / un fanciullo disegna arcobaleni di quiete) e nemmeno la morte fa più tanta paura anzi diviene complice di senso e “stupore” (Dipartita / riporti in vita / ricordi avviliti dalla vita / gemme di sale in gocce di senso rinvenuto). Una poesia alla ricerca dell'essere puro, “eterno”, consapevole dell'incapacità del linguaggio stesso di afferrare le cose, i concetti (La parola / incompleta carceriera), volta verso essenze celesti e albe sorridenti dove smettere, finalmente, “di cercare risposte”.

Crono Silente di Grazia Calanna

Nebbia-Ghigliottina
di Savina Dolores Massa

Dove si va, intrecciando le proprie dita a quelle di Grazia Calanna? Dita di mani o di piedi? Tutte, e quindi dove si va se ci si può ferire con spilli arrugginiti o rischiare di restare, per sempre, immobilizzati dentro un fosso di lacrime di pece? Si va, senza un’attesa di risposte, sotto vulcani di Sicilia e tane per conigli dagli occhi color mavì, tra contrabbassisti e violinisti che hanno perduto il senno e ancora quella pece, per corde che stonano qualunque canto pensato per omaggiare il mare. O chi? Crono? L’assassino di se stessi clonati può essere cantato in versi? Può, temendogli l’immaginazione, perdonandogli la crudeltà, raccogliendogli la sorte.
Pensiero /si espande /- lentamente - / Penetra /- bramoso - / tra le viscere / Vita / - sdrucciola - / altrove… / È gas / - intorno - / Il vuoto / tra le stanche mani. Crono è il vulcano che si china sui propri lapilli ancora tiepidi, che vi sputa sopra impedendogli l’estremo gusto per la vita che concede perfino un’agonia. Dunque abbiamo deciso di intrecciare le dita a quelle di questa poetessa portatrice sana di solitudine: non sarà semplice il cammino, l’ho detto dal principio. Una solitudine senza colpe, ma che colpe diventano, macigni, come quello avuto in fasce, figlio, da Crono. Così dice la mitologia, che torna ad accompagnare le esistenze, maschili o femminili che siano. Solo penetrando il mito di Crono possono apparire limpide le parole di Grazia Calanna, esposte senza abiti, senza culle, senza carillon pietosi negli imbrunire silenziosi, amputati. Il frastuono del silenzio / sgretola l’anima / Stilla dopo stilla / la vita si scioglie / senza mai sorrisi/recisi…senza mai certezze/carezze…
Perché? Perché la lama dell’impotenza trafigge il cuore inondando il cammino di fiumi color porpora… Si attende, di fronte a un mare di carta marmorea priva d’onde e di balocchi, la secca del fiume, per poter dire, finalmente, Adesso la mia colpa cadrà dentro l’assenza dell’attesa. Forse anche la nebbia mensile, puntuale come una ghigliottina, come una gogna, scomparirà. Sono certa che un candido coniglio saprà lasciare il suo comodo cilindro di magie per consolare quei precipizi di pungente lucidità che assillano l’intera scrittura di una poetessa che dovrà imparare a scordare Crono, per sopravvivere. Se imparerà che dalla sozza melma sono capaci di sbocciare piccole pietre di pece di Sicilia, limpide, figlie. Solo allora smetterà di dialogare con i fantasmi diurni delle sue giornate gessate, e camminerà con indomita fierezza, senza desiderare la distruzione della sincerità degli specchi, una volta messa a tacere la “convenienza” dell’omologazione.
Chi aveva suonato gelidi assoli, tacerà l’indiscrezione, laverà la lama indifferente alla carne già ferita. Nasceranno nuove orchestre con voci differenti di inutili nutrici, e saranno canti e suoni mai uditi in alcun luogo, non semplici, ma sinceri, non felici, ma capaci di preferire la burla al serio. Sarà questo il momento in cui anche gli oggetti zitti mostreranno la lingua e il riso, senza pentimento nello svolgimento della loro vita.
Grazia Calanna. Il principio fu il mito di Crono, silente. Silente non lo è stato. Non per me avvezza ad ascoltare più il disagio che la comodità. Ad essere, più il disagio che la comodità. Lascio ad altri il compito saggio di “esaminare” e “definire” la scrittura dell’autrice di questo meraviglioso poemetto. Non l’ho letto in quanto “critica”. L’ho letto, e ingoiato amaramente, in quanto donna destinata (forse da un dio contemporaneo?) ad uccidere i propri embrioni. La mia lettura è quindi certamente distorta dagli specchi che continuo, ostinatamente, a tenere appesi alle pareti. Grazia Calanna mi perdonerà: la generosità dei suoi versi mi porta a pensarlo.
Versi privi di ninnoli e di acchiappasogni. Nessuna moina in questo volume: fatti.
Sarà difficile staccare le mani da quelle di Grazia Calanna: alla conclusione dei suoi versi, la sua pece sarà divenuta anche la nostra. Oblìo cinerino. Mancate coincidenze. Intraducibile silenzio.