venerdì 24 giugno 2011

“Un silenzio come lo spartito ricco di pause significative e necessarie”




Il silenzio presente nel “Crono Silente” di Grazia decora è come lo spartito ricco di pause significative e necessarie. Le note fanno da contorno ad ogni battuta d’aspetto e danno l’annuncio alla pausa successiva colma di riflessioni e sospiri. Così il lettore si prepara a incontrare le proprie emozioni, ascoltando i suoni e attendendo il chiassoso silenzio. Appena arriva la pausa ecco il confronto con quell’io a volte dimenticato. Ecco il chiarore del fulmine nell’oscurità che illumina l’angolo nascosto della “villa anima” sta a ognuno di noi decidere se girare gli occhi o guardare. Piccole istantanee, che ingiallite nelle nostre mani, oltre a muovere ricordi ci spingono a osservare l’immagine di se che ha attraversato il tempo, a rivivere ciò che la mente ha vissuto, e scrutare le piccole pieghe della foto irrilevanti per altri ma non per noi.

Antonio Raciti

giovedì 16 giugno 2011

Crono Silente di Grazia Calanna “Poesia che si arma del sorriso imperturbabile dello stoico e dell'impenetrabile fede del martire”


Crono Silente di Grazia Calanna
“Poesia che si arma del sorriso imperturbabile dello stoico e dell'impenetrabile fede del martire”


Nell'ovatta di questo cielo grigio-azzurro dove la terra si confonde col mare ed il deserto avanza restituendo in arsura le sue creature, qui su questo scoglio dimenticato o baratro di pece o cammino "lastricato da spilli aguzzi" o acque di fiumi Letèi che hanno dimenticato di obliare "il peso grave dell'assenza" – qui - invano forse già si di-spera di trovare ancora una qualsiasi forma di riscatto alla vita, dopo che "l'attesa" ha consumato "giorni e fiori al sole". Solo deserto, impenetrabile deserto. Solo tempo impotente al tempo. Fuggire dunque per evitare le insidie del tempo, la grossolanità del già-detto, del già-fatto? fuggire, dove? se perfino i sogni "bruciati da mani piromani" si disvelano nient'altro che inane / esanime cenere "polvere grigia", se la rena (il tempo) scorrendo nel incavo delle mani può ferirle indelebilmente per il peso di ciò che è stata ed ora non è più. Fuggire, certo. E non verso spiagge o mari silenziosi nei quali la salsedine ha corroso voci di conchiglie; ma sfuggire al tempo per trovare unico approdo nello stupore del ricordo "gocce di senso rinvenuto" lì dove, ultimo avamposto contro il silenzio, è possibile, ancora, "disvelarsi il canto". Poesia che si arma del sorriso imperturbabile dello stoico e dell'impenetrabile fede del martire; poesia di grazie e tradimenti, come la vita.

Sebastiano Puglisi

CRONO SILENTE: "Poesia che si arma del sorriso imperturbabile dello stoico e dell'impenetrabile fede del martire"


Crono Silente di Grazia Calannna
“Poesia che si arma del sorriso imperturbabile dello stoico e dell'impenetrabile fede del martire”


Nell'ovatta di questo cielo grigio-azzurro dove la terra si confonde col mare ed il deserto avanza restituendo in arsura le sue creature, qui su questo scoglio dimenticato o baratro di pece o cammino "lastricato da spilli aguzzi" o acque di fiumi Letèi che hanno dimenticato di obliare "il peso grave dell'assenza" – qui - invano forse già si di-spera di trovare ancora una qualsiasi forma di riscatto alla vita, dopo che "l'attesa" ha consumato "giorni e fiori al sole". Solo deserto, impenetrabile deserto. Solo tempo impotente al tempo. Fuggire dunque per evitare le insidie del tempo, la grossolanità del già-detto, del già-fatto? fuggire, dove? se perfino i sogni "bruciati da mani piromani" si disvelano nient'altro che inane / esanime cenere "polvere grigia", se la rena (il tempo) scorrendo nel incavo delle mani può ferirle indelebilmente per il peso di ciò che è stata ed ora non è più. Fuggire, certo. E non verso spiagge o mari silenziosi nei quali la salsedine ha corroso voci di conchiglie; ma sfuggire al tempo per trovare unico approdo nello stupore del ricordo "gocce di senso rinvenuto" lì dove, ultimo avamposto contro il silenzio, è possibile, ancora, "disvelarsi il canto". Poesia che si arma del sorriso imperturbabile dello stoico e dell'impenetrabile fede del martire; poesia di grazie e tradimenti, come la vita.


Sebastiano Puglisi

Crono Silente

Crono Silente di Grazia Calannna

“Poesia che si arma del sorriso imperturbabile dello stoico e dell'impenetrabile fede del martire”


Nell'ovatta di questo cielo grigio-azzurro dove la terra si confonde col mare ed il deserto avanza restituendo in arsura le sue creature, qui su questo scoglio dimenticato o baratro di pece o cammino "lastricato da spilli aguzzi" o acque di fiumi Letèi che hanno dimenticato di obliare "il peso grave dell'assenza" – qui - invano forse già si di-spera di trovare ancora una qualsiasi forma di riscatto alla vita, dopo che "l'attesa" ha consumato "giorni e fiori al sole". Solo deserto, impenetrabile deserto. Solo tempo impotente al tempo. Fuggire dunque per evitare le insidie del tempo, la grossolanità del già-detto, del già-fatto? fuggire, dove? se perfino i sogni "bruciati da mani piromani" si disvelano nient'altro che inane / esanime cenere "polvere grigia", se la rena (il tempo) scorrendo nel incavo delle mani può ferirle indelebilmente per il peso di ciò che è stata ed ora non è più. Fuggire, certo. E non verso spiagge o mari silenziosi nei quali la salsedine ha corroso voci di conchiglie; ma sfuggire al tempo per trovare unico approdo nello stupore del ricordo "gocce di senso rinvenuto" lì dove, ultimo avamposto contro il silenzio, è possibile, ancora, "disvelarsi il canto". Poesia che si arma del sorriso imperturbabile dello stoico e dell'impenetrabile fede del martire; poesia di grazie e tradimenti, come la vita.


Sebastiano Puglisi

giovedì 9 giugno 2011

Atelier (Crono Silente di Grazia Calanna)


Atelier (Crono Silente di Grazia Calanna)
Vestiamo corpi
disegnati dall’imprevisto

Indossiamo la solitudine
sotto il tetto dell’incomprensione

lunedì 6 giugno 2011

Crono Silente di Grazia Calanna


Cronosilente (ed. Prova d’autore)
di Grazia Calanna


Due mani porgono il cuore, sede dell’umano sentire. Mani fattive scavano tra le immagini della realtà prossimale, di fronte alla quale l’uomo è divenuto oramai insensibile, e all’elastico flettersi delle nocche si adattano alla riflessione sul quotidiano. Il reale, con la sua mutevole andatura, tende a strumento euristico dello stesso, in “Cronosilente”, silloge edita da Prova d’autore. L’autrice, Grazia Calanna, giornalista e poetessa, nella sua opera prima di prossima uscita, indaga a mani nude, attraverso un contingente frugare, gli smerigli dell’identità umana. Ne disvela la piccolezza “…lucida, silenziosa furfante ammantata di bianco” ed, al contempo, rimane con la sua personale fame di autenticità e libertà. Dal suo percorso lascia sentire l’autorevolezza e la forza dell’essenziale, alimento primario dell’anima, contro il rancido accumulo del superfluo, “oggetti zitti levitano, pigiano l’uomo nell’angolo polveroso della vanità...”, che ingrassa di supremazia risucchiando ossigeno e rilasciando un’opulenta ingerenza. E la ricerca di ciò che costituisce la sostanza dell’essere, come il “celeste cielo, terso di celestiale essenza”, divincolato da ogni sorta di orpello, nel senso aristotelico dell’espressione, è ancora più fitta di riverberi in quella dogana tra silenzio e tempo. Un confine sempre abitato da un animato brulicare di ciò che si perde e che incurantemente si spreca. Una linea di demarcazione sospesa sulla quale Grazia Calanna maneggia l’humus che rende, mediante una lirica di fulgida impulsività, ma mai in balia si sé, pur sempre guidata dai timoni della razionalità. Versi di spontaneo ermetismo, valicati da un registro fervido di anafore e di gusto per il verbo, sempre complice di un gioco in virtù del quale ogni parola scivola dentro l’atra. Il tempo, un artefatto smargiasso che tutto piega e “…ci incurva nel corpo e nell’anima…” ma che nulla può, a dispetto della sua “balda pressa”, contro lo spirito. Il silenzio che non sta mai zitto, una variabile multiforme e plurale, che trova consistenza nei “logorroici silenzi”. Sovente esso crea un disegno arduo da capire, “sconosciuto” e “gelido” nel “frastuono” dell’“attesa”. Ma esistono volte in cui è un agognato “cantuccio” per le difesa dell’intime profondità da un mondo soverchiante di inutili clichè per congiungersi “…nel placante silenzio dell’essere etereo” a ciò che c’è di vero nella vita e che l’autrice reclama a piene mani. Il libro sarà presentato sabato 2 aprile, alle ore 19, nella sede del Collegio S. Anna di Zafferana Etnea.
M. Gabriella Puglisi (l’Estroverso n. 2 – 2011)

Crono Silente di Grazia Calanna
“Crono Silente”, la ginestra di mare di Grazia Calanna

Non si fa a tempo a finire il respiro con la poesia di Grazia Calanna. Ce n’è subito bisogno di un altro e di un altro ancora, nell’andar dietro al suo umano sentire dentro un tempo senza sponde, gogna e impostura, raccontato da una voce di donna. Voce di gola stormisce il frastuono del silenzio sbieco e scontento di carezze malriuscite. Voce di mani dissoda e fa germogliare “Crono Silente” (edizioni Prova d’Autore), silloge poetica che è fascio di forze dentro l’anima, ginestra di mare su quella scogliera sorda che è la vita. Queste le suggestioni di una singolare presentazione, ospitata dall’auditorium Sant’Anna di Zafferana etnea sabato 2 aprile. Scomposti i battiti del cuore di fronte ai versi di Grazia Calanna, giornalista e poetessa, che dipinge quadri con colori di parole elegantemente nude. I suoi cammini silenti, percorsi monocromatici intinti di pece vengono recitati dalle corde roche e vibranti di Savina Doleres Massa, scrittrice e prefatrice del libro, nel video, realizzato da Vladimir Di Prima, moderatore dell’incontro, scrittore e regista. Lo affiancano, tra le letture dell’attore Pasquale Platania e le note di Teresa Esposito Faraone e Giulia Milioto, violiniste dell’orchestra sinfonica Ersu di Catania, i due relatori, Salvo Patanè (Vice Presidente Commissione Consiliare Cultura della Provincia Regionale di Catania) e Luisa Spampinato (docente di Lettere). Diversi i due interventi e le rispettive interpretazioni dell’opera. “Laico” l’approccio dell’arch. Patanè che mette in luce il “linguaggio destabilizzante della poesia”, l’inconsapevolezza maieutica del poeta che dà la vita all’ “ineffarabile”, al “dualismo dell’animo” così presente nella poesia “Congedo” dove si “richiama il mistero dell’altro di sé che manca e che trova completamento in quell’amore che Platone indica come la metà di noi”. Cardiaca la prof.ssa Spampinato che sovrappone il mito di Cronos alla creatività di Grazia Calanna, liberata come la madre Terra Gea, dall’oppressione di Plutone, il bellissimo cielo stellato che impedisce al suo ventre di partorire. Così è “Crono Silente”, nato già con un “destino” importante, considerato che “il destino sta nel nome”, nato da un’affrancata “genitalità” cerebrale del poeta e della sua poesia, “rito benestante della parola” .
M. Gabriella Puglisi (L’Alba – aprile 2011 n.3)

mercoledì 1 giugno 2011

Crono Silente di Grazia Calanna - L'azzurro del bene




GRAZIA CALANNA L’AZZURRO DEL BENE di Mario Grasso

Per ogni nuovo poeta che scopriamo si accende una luce che prima non c’era.
Diciamo una luce per dire che qualcosa di magico si aggiunge alla capacità di capire probabili frammenti della vita e del suo mistero. Perché mistero è la vita e non solo per la imprevedibilità che in essa si annida, quanto per gli stimoli che ogni presenza di vita provoca intorno a sé, stimoli per reazioni che si manifestano per innestarne altre, e all’infinito. Grazia Calanna ha esordito da poeta dando alla silloge un titolo allusivo verso due miti della vita umana, il tempo e il silenzio . (Crono silente – pagg. 80 - € 10,00 – Prova d’autore). È importante leggere quanto ha scritto nella sua impetuosa prefazione Savina Dolores Massa, una rapida sintesi che tanto contiene e più dimostra. Onestà di lettore vuole che si riconosca nella centrata definitorietà dell’intervento della prefatrice il grumo centrale di quanto Grazia Calanna ha distillato, con disinibita franchezza, quasi a proporre un canto ossimoro rispetto alla promessa (pur pienamente onorata) del titolo. Il fatto è – potrebbe essere avanzato – che il silenzio caratterizza chi ha riserve di cose da dire sulla umana condizione, e per dirle non ricorre al filtro dell’ambiguità ma al machete-maglio della propria verità, quasi a farne omaggio a quella inconfutabile regola che identifica la letteratura nella vita e non certo per la contingenza di ripararsi sotto un libro-manifesto del secondo decennio del secolo scorso: “Letteratura come vita” di Carlo Bo (1929). E dire che, quella volta, si era già appena alla soglia della stagione ermetica. Una stagione che fu amata dalla poesia e che resiste nella sua formula di calcolate reticenze, forse in omaggio a una delle pretese della lirica che privilegia i luoghi dell’inespresso, che rifugge i momenti del didascalico e del parenetico, per esorcizzare il pericolo del moralismo. Eppure proprio questa ultima considerazione potrebbe celare un limite assurdo al momento di poter essere adattata alla poesia. Perché la poesia è anzitutto la ricerca e l’affermazione del vero. Forse perché il vero è la parte nobile e destinata a sopravvivere, forse perché la verità è amata e cercata da tutti (come la poesia, appunto) anche se, ironia della sua sorte, la verità offende. Proprio così. Ma Grazia Calanna non propone offesa alcuna quando ci ricorda con i versi iniziali di “Briciole”, che “C’è chi concede briciole / avaro / C’è chi si sbriciola / altruista / C’è chi finirà in briciole / avido / C’è chi di briciole risorgerà /azzurro”. Il colore azzurro è qui significativo e può invitare a curiosare nella tavolozza dei colori che si succedono in “Crono silente” spesso accompagnati da riferimenti termici che complementano di allusività palesi le proposte della poetessa. Infatti i colori in Crono silente sono tanti, e il loro non è un ricorrere né un ricorrersi, se ne coglierà pieno il significato valutandone il pendant con le temperature, che tendono ai valori alti. Lasciamo ai lettori il piacere di scoprire la scala delle temperature, in Crono silente e segnaliamo quella dei solfori. Ed ecco come, tra grigi pag.19 e 42; pece, pag. 20 e nera pag.45, si giunge al plumbeo (pagg. 38 e 49) e dall’ebano i pag. 27 al cinerino della successiva al bianco della 29. In controtendenza con il vermiglio di pag. 18 che si coniuga al porpora (pag.37) e ancora allo scarlatto (pag. 56), isolando il rubino di pag. 40. L’azzurro e il celeste (pag. 44 e pag.56) negano il bianco e relegano il “buio” nel suo ricorrere tra le pagg. 22, 34, 37…. Lasciamo fuori, anche stavolta al piacere dei lettori, le centrate figuralità simboliche ma solo altro tra i segni rivelatori, che confermano la lealtà della scrittura creativa di Grazia Calanna, forte di tensione interiore autentica quanto “silente”, proprio in arrendevole intelligenza con le esigenze inesorabili del Tempo-Crono. Non resterebbe che il tentativo di entrare nel merito della forma. Banco di collaudo per la letteratura in genere, per la poesia in particolare. Ed è su questo fronte che si è chiamati alla responsabilità di definire quanto possa essere destinato a separare i momenti della cronaca da quelli della letteratura come vita. Un momento che si affida all’evidenza proprio nel caso di questo esordio di Grazia Calanna, che ha scelto di raccontare i momenti dell’inesprimibile subliminale ricorrendo alla formula di un diario in pubblico, tra le cui pagine non si svolge il canto di quanto raccolto o ripudiato, visto o ascoltato, ma il fedele diagramma di un’anima che reagisce, il tracciato di un percorso di sensibilità offesa, che ha disegnato i confini oltre i quali c’è l’azzurro del bene, più come ipotesi e speranza che come tesi ed esperienza. Un mondo nel quale non c’è molto da scegliere oltre “Conforme conformante conformismo / Catene impermeabili / schivano il temporale perenne di un tempo / asservito all’antropica silente stoltezza”. Ecco l’imporsi della propria verità a dar nome e immagine all’inesprimibile, che tale finirebbe di essere se tautologicamente si ponesse fine, per sempre, all’ipocrisia e al pecorume del “come l’una fa le altre fanno”. Infinite sono le vie per dire il vero, Grazia Calanna ha scelto quella più semplice, quella di un tipo di spontaneità che fu tanto cara a Umberto Saba, il poeta che ci ha lasciato per insegnamento che “La notte vede più del giorno”, una lezione che Calanna porta in sé con fiera consapevolezza e umile approccio, anche per non urtare più di quel tanto il “conforme conformante conformismo”, nel quale chi più chi meno, tutti continuiamo a vivere immersi, anche nei momenti in cui ci ergiamo a giudici degli altri, trascurando di giudicare, anzitutto noi stessi.
(Mario Grasso)
Lunarionuovo - n. 43/53 nuova serie - Giugno 2011 - www.lunarionuovo.it